Il nuovo metodo sviluppato da Continental insieme alla Technische Universität Braunschweig e il valore dei contratti di gestione pneumatici basati sui chilometri percorsi.

La transizione verso una mobilità più sostenibile non passa soltanto attraverso l’elettrificazione o la riduzione delle emissioni allo scarico. C’è un’area ancora poco raccontata, ma destinata a diventare centrale nelle politiche europee: le emissioni non di scarico, generate dall’abrasione degli pneumatici, dei freni e dell’asfalto.

Per anni, queste particelle sono rimaste difficili da misurare, quasi impossibili da distinguere tra loro e spesso ignorate nelle analisi di impatto ambientale. Oggi, però, un nuovo progetto di ricerca sta cambiando il quadro. Continental, insieme alla Technische Universität Braunschweig, ha sviluppato un sistema avanzato capace di identificare e quantificare in tempo reale le particelle rilasciate da uno pneumatico durante la marcia.

Una tecnologia che non rappresenta solo un passo avanti scientifico, ma anche una conferma concreta di ciò che, nel mondo delle flotte aziendali, molte realtà più evolute avevano già compreso: ridurre l’usura degli pneumatici significa ridurre i costi, aumentare la sicurezza e diminuire l’impatto ambientale.

Una misurazione che prima non era possibile

Il cuore del progetto risiede in un veicolo laboratorio dotato di:

  • un sistema di aspirazione posizionato vicino alla ruota, capace di catturare le particelle nell’istante esatto in cui si staccano dallo pneumatico;
  • un set di sensori ad alta precisione distribuiti attorno al veicolo, per correlare ogni particella prodotta con condizioni di guida, velocità, curve, frenate e tipo di manto stradale;
  • un multisampler sviluppato dalla Technische Universität Braunschweig, che separa e classifica particolati diversi in base al contesto di utilizzo.
Fonte immagine: Technische Universität Braunschweig

Per la prima volta è possibile capire quali particelle provengono realmente dalla gomma, quali dai freni e quali dall’asfalto.
Una rivoluzione scientifica destinata a influenzare le future normative europee, comprese le soglie della normativa Euro 7 legata all’abrasione degli pneumatici.

Cosa cambia per le flotte? Una verità che emerge chiaramente

La nuova misurazione rende evidente una realtà che le flotte più strutturate e i fornitori specializzati conoscono da tempo: ogni chilometro percorso produce un determinato quantitativo di particolato e questo quantitativo varia enormemente in base alla qualità dello pneumatico, al tipo di utilizzo, al clima, alla pressione e alla manutenzione.

Non solo:
gli pneumatici che si consumano più velocemente generano più polveri.
Gli pneumatici che durano di più ne generano meno.

Ed è proprio qui che la ricerca scientifica incontra i modelli avanzati di gestione delle flotte.

La gestione a costo chilometrico: quando risparmiare significa inquinare meno

Nel modello tradizionale, il fornitore ha un incentivo implicito a vendere più pneumatici possibile.
Nel modello a costo chilometrico, invece, accade esattamente il contrario.

Il fornitore guadagna sull’efficienza, non sulla sostituzione.

E quindi ha tutto l’interesse a:

  • scegliere il pneumatico più adatto allo specifico servizio del cliente;
  • applicare una manutenzione costante e rigorosa;
  • monitorare pressioni, allineamenti e usure anomale;
  • sostituire il prima possibile gli pneumatici inadeguati per un determinato impiego;
  • ridurre al minimo l’abrasione, estendendo la vita della gomma.

Il risultato è un allineamento perfetto tra economia e sostenibilità:

meno usura = meno costi = meno particolato disperso nell’ambiente.

È la dimostrazione pratica di come un approccio data-driven e orientato al ciclo di vita del pneumatico possa generare vantaggi simultanei per l’azienda, per la collettività e per l’ambiente.

La scelta del modello giusto: uno pneumatico per ogni impiego

La ricerca Continental–Braunschweig sottolinea un concetto cruciale: le condizioni di utilizzo modificano radicalmente la quantità di particolato generato.

Un pneumatico può performare bene su:

  • linee extraurbane veloci,
  • percorsi cittadini con fermate continue,
  • strade di montagna con forte torsione,
  • servizi pesanti come igiene urbana o trasporto passeggeri in condizioni gravose.
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Ma non esiste un modello ideale per tutte le situazioni.

Per questo, nei contratti a costo chilometrico, la selezione del pneumatico diventa una decisione tecnica strategica.
Scegliere la gomma sbagliata significa:

  • più usura,
  • più costi,
  • più particolato.

Scegliere quella corretta significa esattamente il contrario.

La manutenzione come leva ambientale (non solo economica)

L’aspetto che la ricerca rende ancora più evidente è che la manutenzione non è solo un fattore di sicurezza: è un fattore di sostenibilità.

Una pressione sbagliata può aumentare:

  • l’usura del pneumatico,
  • la resistenza al rotolamento,
  • i consumi di carburante,
  • la produzione di particolato.

Un asse non allineato può distruggere una gomma in pochi giorni.
Una rotazione mancata può dimezzarne la vita utile.

Nei contratti a costo al km, questi elementi non sono più “accorgimenti”:
diventano pilastri della performance economica.

Un futuro in cui i dati guidano ogni scelta

La nuova tecnologia di misurazione apre la strada a un’evoluzione inevitabile:

  • pneumatici progettati per ridurre l’abrasione,
  • flussi di manutenzione ottimizzati per massimizzare la durata,
  • dashboard predittive che evidenziano anomalie e stili di guida dannosi,
  • contratti in cui la sostenibilità diventa un risultato misurabile.

È un futuro in cui la scelta della gomma non sarà più solo una valutazione tecnica,
ma una decisione ambientale.
E chi gestisce flotte potrà dimostrare che ogni euro investito in efficienza produce benefici anche sul piano delle emissioni non di scarico.

Efficienza, sicurezza, sostenibilità. Tutto parte dall’usura.

La ricerca di Continental e della Technische Universität Braunschweig segna un passaggio fondamentale: la sostenibilità non è più un concetto astratto, ma un valore che può essere misurato con precisione scientifica.

E quei dati dicono qualcosa di molto chiaro:

Gli pneumatici che durano di più inquinano di meno.
E gli pneumatici che inquinano meno spesso hanno un costo chilometrico più basso.

È un modello in cui tutti vincono:
le aziende, le città, l’ambiente.

Un modello che oggi trova nel Full Service Pneumatici a costo chilometrico uno dei pochi strumenti già pronti per rispondere alle sfide — tecniche, economiche e normative — dei prossimi anni.

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